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Mamma, non sono stato io!

Mercoledì 23 Maggio 2018
ore 10:00

Come si esprime la gelosia tra fratelli? Con che comportamenti viene messa in atto? In che situazioni potrebbero verificarsi episodi di gelosia con più frequenza? Esiste anche la gelosia dei più piccoli nei confronti dei più grandi? Capricci, spintoni ma anche litigi che finiscono in una baruffa: il bambino che è venuto prima in una famiglia sovente mal sopporta il secondo o il terzo arrivato, e lo fa capire a modo suo, con scatti di gelosia. Ma come devono intervenire i genitori per riportare l’armonia in famiglia e far sentire tutti i figli ugualmente amati? Cosa possono fare i genitori per “prevenirla”?

Queste sono solo alcune delle domande che tanti genitori si fanno e sulle quali cercheremo un confronto nell’incontro di Mercoledì 23 Maggio dalle 10 alle 12 con Sara Chiossi, psicologa dell’età evolutiva e psicoterapeuta familiare, nonché mamma dell’Associazione.

La gelosia è un sentimento “naturale” non indotto dalla cultura o dalle circostanze educative se non nella sua intensità e nella sua evoluzione. La gelosia è il timore di perdere l’esclusività dell’amore del genitore, la paura di non avere più in via esclusiva la disponibilità affettiva della persona da cui ci si sente amati. Il geloso non accetta la perdita dell’esclusività del rapporto e non vi si rassegna facilmente. Così il bambino vuole che la mamma voglia bene solo a sé, e non anche al fratello, anche se ciò non comporta alcuna perdita d’affetto o di attenzione nei suoi confronti. Il secondo aspetto che definisce la gelosia consiste nella pretesa di mantenere una immagine grandiosa ed irrealistica di sé, quanto alla propria capacità di bastare affettivamente all’altro. I figli unici pertanto non sono esenti dalla gelosia; hanno forse meno occasioni per farla emergere e per fare i conti con i “diritti affettivi” di un altro, ed anche i genitori hanno minori possibilità di aiutarli ad elaborarla in senso costruttivo. Avere dei fratelli rappresenta pertanto una circostanza favorevole che, guidata dall’atteggiamento equilibrato dei genitori, attraverso prove e difficoltà, può favorire nei figli una più stabile maturità affettiva, derivante dalla rinuncia alla pretesa di godere in via esclusiva dei rapporti affettivi.

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